Storia della Chiesa
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S. Antonio Abate
San Sebastiano
Il Patrono
La chiesa di San Cresci è la chiesa parrocchiale dell’omonima frazione del comune di Campi Bisenzio, anche se parte del suo territorio ecclesiastico è compresa nel confinante comune di Signa.
I primi documenti che attestano l’esistenza di una chiesa e di un monastero a S Cresci risalgono all’anno 866, in epoca carolingia, e si rifanno al famoso testamento del prete Donesiano che lasciava alla chiesa di S.Pietro in Roma i tre monasteri di S. Cresci, S. Donnino e S. Pietro a Lecore. Questa chiesa è da ritenere, dopo la Pieve di Santo Stefano, la più antica del piviere di Campi. Più tardi passò fra le proprietà della Corona Imperiale che ne dispone a titolo di beneficio feudale. Ciò appare da un documento riportato da Scipione Ammirato, datato 1111, nel quale i Mazzinghi, potenti signori del Castello di Campi, esercitano, per concessione imperiale, il diritto di patronato fino dall’XI secolo. In seguito alla decadenza politica ed economica dei Mazzinghi, il patronato passò al parroco Carlo Mannelli che, nel 1462, fece donazione del suo diritto al Capitolo della Basilica fiorentina di S.Lorenzo. Il passaggio segna l’inizio di un periodo florido di ampliamenti della struttura ecclesiale e della canonica, che ne altereranno le strutture. Questo stato giuridico si mantenne fino alla Riforma leopoldina che soppresse i capitoli e gli Ordini religiosi (1784) in seguito alla quale divenne di “ libera collazione”, amministrata cioè dal parroco e dai fedeli
L’odierna chiesa di S. Cresci, consacrata il 17 agosto 1911, fu edificata sull’area di un’altra più antica del X o XI sec, demolita alcuni anni prima perché pericolante. La chiesa originaria era piccola e ad una sola navata, con tetto a capriate in legno. All’inizio del XVI sec., sul lato sinistro della chiesa si costruisce il locale della Compagnia dedicata a S. Antonio Abate di cui si stabiliscono gli Statuti nel 1544, e successivamente ai primi del seicento viene edificato un bell’altare, in pietra serena scolpita, incorniciato nella parte centrale da due semicolonne di stile corinzio, alle
cui basi sono gli stemmi dei frati minori del TAU, ordine devoto a questo Santo.
L’altare, contiene un dipinto a olio raffigurante la gloria di S. Antonio Abate, facilmente riconoscibile dal maialino, suo attributo iconografico. Questo dipinto di pregevole fattura ed in discreto stato di conservazione, è coevo dell’altare, e, pur di autore ignoto, è riconducibile allo stile pittorico di Francesco Curradi (1570-1662) o di Matteo Rosselli (1578-1650). Nella disposizione odierna, l’altare è secondo a sinistra, mentre il dipinto è sul primo altare a destra.
Nella parete absidale si trova una Mostra d’altare, manifattura toscana in pietra serena della metà del XVII sec. Proveniente dalla chiesa di S. Michele a Carmignano, fu recuperata e riadattata nel 1948 dal parroco don Renzo Paoli. Sulla cornice superiore l’iscrizione “ Filio dei cruci affixo ” sta ad indicare che un tempo doveva contenere un crocifisso, forse quello che si trova oggi in sacrestia. Al posto del crocifisso oggi possiamo ammirare una tela ad olio rappresentante la Madonna con il Bambino in braccio tra S.Lorenzo a sinistra, vestito con la dalmatica rossa e dorata, e S.Cresci a destra con un abito verdastro e mantello rosso. La presenza di S. Lorenzo è segno tangibile della dipendenza di questa chiesa dalla basilica medicea. Di autore incerto, ( il campigiano Domenico Masuoli ?) , datato 1627, risente di una vena purista cinquecentesca e l’autore sembra essere un seguace di Santi di Tito e Matteo Rosselli. In basso, di pregio è il ciborio in pietra serena del ‘700, corredato da un pregevole sportello argentato. Tutto il complesso lapideo, faceva parte dell’altare maggiore, poi smembrato, della chiesa di S. Maria a Peretola (1930).
La chiesa di S.Cresci, come le altre tre antiche, situate nel contado fiorentino, dimostrano quanto fosse sentito dalla comunità cristiana il culto del santo, giovane di origine germanica, contemporaneo di S. Miniato, subì il martirio durante la persecuzione dell’imperatore Decio (250-251) D.C. In Mugello, nella zona di Valcava, dove si era rifugiato
fuggendo da Firenze, fu ucciso e li sepolto insieme ai compagni Enzio e Omnione.
Su S. Cresci e la Madonna del Buon Consiglio, dichiarata poi Copatrona, si concentreranno il culto e la devozione del popolo di S. Cresci. Quando, fra la fine del ’600 e l’inizio del ‘700, vengono ritrovati in Mugello i resti ossei del martire Cresci, la chiesa, nell’accogliere e custodire le sue reliquie, conosce un nuovo e breve periodo di floridezza che si accompagna al parallelo sviluppo del suo popolo. In seguito, risultando l’edificio troppo piccolo per la comunità, furono aperti due archi nella parete in comune con la Compagnia così che la chiesa, di fatto, ebbe un’altra navata. Passato il tormentato periodo napoleonico, anche questa chiesa, non si sottrae al nuovo impulso del culto mariano. Nel 1841, per iniziativa del priore Raffaello Mazzocchini, viene canonicamente eretta la Confraternita della Madonna del Buon Consiglio e Agonia, che in questo popolo già aveva profonde radici nel culto e devozione verso l’immagine della Vergine ritenuta miracolosa, che oggi adorna il secondo altare a sinistra, trafugata due volte e poi recuperata. Piccola tela ad olio del primo ottocento, di autore ignoto, sembra avere valore soprattutto come immagine devozionale. Nella seconda metà dell’ 800 non si hanno notevoli cambiamenti e la chiesa di allora si avvia ad un lento ma inarrestabile declino che culminerà nel crollo all’inizio del novecento. Degli antichi arredi si salvarono solo i tre altari secenteschi, ai quali ne fu aggiunto un quarto, nella parte destra, donato dalla famiglia Campani, appositamente costruito nello stesso stile corinzio di quello di fronte a destra per dare simmetria alla navata. Sempre in tema di arredi, la chiesa possiede alcune opere pittoriche: un’acquasantiera parietale in marmo bianco del XVII sec. della vecchia chiesa e un bel pulpito in pietra serena, su cui è scolpito uno stemma ed inciso il nome della famiglia committente, i Luti, e la data 1652. Si dice che sia stato regalato alla nuova chiesa ma se ne ignora la provenienza.
IL 24 dicembre 1930 fu inaugurato il fonte battesimale, necessario alle nuove esigenze pastorali. Questo, opera del frate francescano E. Rossi (1874-1934), che si ispira al quattrocento, è composto da un bassorilievo in terracotta raffigurante il battesimo di Gesù e da una vasca a forma esagonale decorata da formelle in rilievo, illustranti la vita di S.Giovanni Battista.
Tra i tesori della chiesa, ricordiamo il bel reliquiario di legno intarsiato, verniciato e dorato, nello stile del Foggini, diviso in sei scomparti contenenti i resti ossei di S. Cresci e dei suoi compagni come riportato dalla scritta del cartiglio. L’opera più importante è il preziosissimo Calice risalente al XV sec. in rame sbalzato, cesellato e dorato con coppa in argento anch’essa dorata. Notevole esempio di alta oreficeria, di tipologia ancor gotica, presenta un fusto a sezione esagonale con un nodo ornato da sei medaglioni recanti le figure del Crocifisso, della Madonna e vari santi.
In sacrestia si possono ammirare due crocifissi: il primo dell’inizio del XIX sec. in legno intagliato, verniciato e dorato, è una croce processionale, tipico esempio di manufatto ligneo, molto in voga nelle botteghe delle maestranze toscane del tempo, il secondo, della stessa epoca, verniciato di bianco e con i finali di braccia decorati, presenta il Cristo e i raggi dorati, mentre il porta croce poggia su zampe leonine anch’esse in oro.
a cura Franco Masi